sabato 13 dicembre 2008

In loving memory

Quando mia madre morí, per me fu una festa.
Io avevo quattro anni, ero a casa della nonna e c’era tanta gente e tutti mi sorridevano e mi prendevano in braccio, mi davano tanti baci, mi facevano le smorfie e il solletico e io ridevo sempre.
Mia nonna aveva gli occhi rossi e gonfi e io capivo che erano rossi e gonfi perché aveva pianto.
«Perché piangi?», le chiedevo.
E lei mi diceva che le faceva male la pancia e di non preoccuparsi e allora io non facevo piú domande che anche a me a volte aveva fatto male la pancia e avevo pianto. Cosí ritornavo fra tutta quella gente e tutti mi davano tante attenzioni come non avevano mai fatto prima: c’era chi mi accarezzava la testa, chi mi pizzicava le guance o mi dava un bacio e chi mi stringeva forte.
Quella mattina mia zia mi portò in girò a vedere le vetrine con i festoni del Natale che a me piacevano tanto le lucine colorate. Mi comprò un cornetto con la cioccolata e dopo averlo mangiato mi pulí la bocca tutta sporca di cioccolato e mi disse sorridendo che ero un pasticcione e a me questa cosa faceva ridere.
«Pasticcione!», mi diceva e io ridevo.
Poi mi prese in braccio facendomi saltellare e ripetendo «Hop! Hop!» e mi diceva che ero un cavaliere fortissimo.
Quando tornammo a casa c’era ancora tanta gente. E tutti cominciarono a venirmi incontro e di nuovo ad accarezzarmi i capelli o a darmi i baci. Solo che non mi baciavano come le altre volte che mi davano mille baci di fila, ma mi davano un bacio lungo e caldo e anche quando mi pizzicavano le guance non le pizzicavano forte come le altre volte che a me quasi faceva male, ma mi davano un pizzicotto leggero che quasi non si sentiva.
Io correvo di stanza in stanza, lí a casa di mia nonna e tiravo fuori i miei giocattoli e giocavo con tutti quei grandi e mi sembrava impossibile che loro non si annoiassero mai, che le altre volte dopo un po’ che giocavano con me, i grandi, poi dicevano «adesso basta». Quel giorno invece nessuno disse «adesso basta» e tutti videro le mie costruzioni e i miei trenini, la mia spada da cavaliere e il mio mantello, e tutti giocarono con me.
Verso sera cominciai a chiedere dove fosse la mia mamma ma nessuno mi rispondeva. Di giocare non avevo piú voglia, invece tutti gli altri volevano continuare a costruire castelli o a fare cavallo e cavaliere. Ma io volevo la mia mamma e nessuno mi diceva dove fosse che era un giorno intero che non la vedevo. Allora cominciai a stare in silenzio, seduto a terra, col mio mantello da cavaliere e la mia spada di fianco, a costruire un castello con le costruzioni e nessuno badò piú a me.
Poi un signore mi chiese se volevo giocare con lui e io dissi di no, che volevo mia mamma e lo dissi quasi in silenzio che l’avevo già detto tante volte e tante volte mi era stato risposto che mamma sarebbe arrivata. Questo signore, allora, mi disse che mamma era partita e sarebbe stata via per un po’ di tempo ma io dissi che non era vero, che la mia mamma non sarebbe mai partita senza darmi un bacio, e ogni volta che andava via mi dava sempre un bacio e mi diceva di fare il bravo e di non far arrabbiare la nonna. Ma quel signore mi disse che forse si era dimenticata perché andava di fretta e io urlai che non era vero e urlai che lui era un bugiardo a dire quelle cose e urlai che la mia mamma mi aveva sempre detto che le bugie non si dicono e mi aveva sempre dato un bacio prima di andare via e poi cominciai a piangere.
Allora arrivò mia zia e mi prese in braccio e io cominciai a piangere ancora di piú e a dire che volevo la mia mamma, che non mi aveva dato un bacio prima di partire e che si era dimenticata. Mia zia mi portò fuori, in balcone, dove faceva freddissimo e mi mise intorno una sciarpa nera grandissima e calda.
Io le chiesi dove era andata mamma e lei mi disse che era partita per un viaggio lungo, per un motivo importantissimo, che era dovuta andare in un posto in cui c’erano tanti bambini a cui nessuno dava mai un bacio e gli diceva di non dire bugie e di fare i bravi e che era dovuta partire di corsa senza salutare, ma aveva detto a lei, alla zia, di darmi un bacio e di dirmi di fare il bravo e non dire bugie.
Ma io dissi che era la mia di mamma e che poteva andarci qualcun altro in questo posto e che non era giusto e volevo vederla. Mia zia, allora, mi disse che la potevo vedere ogni volta che volevo e indicò un puntino luminosissimo in mezzo al cielo tutto nero e mi disse che quella era la mia mamma e che mi stava guardando, mi salutava e mi mandava tanti baci. E cosí, io, con la mano davanti alla bocca, cominciai a lanciare tanti baci alla mia mamma e a salutarla con la mano e a gridare «Ciao mamma!».
Poi vidi che mia zia cominciava a piangere.
«Anche a te fa male la pancia?», chiesi.
E lei mi disse di no, che mia zia le bugie non le aveva mai dette.


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