giovedì 11 dicembre 2008

Il Nicchia - Dialoghi con Stè #5

Il Nicchia guardava sempre le nuvole.
Per questo non lo facevamo mai giocare a pallone: si correva il rischio che all'improvviso si incantasse giusto in mezzo al campo, alzasse lo sguardo e si mettesse a osservare le nuvole.
Il Nicchia lo chiamavamo così perché suo padre faceva il becchino al camposanto.
Ognivolta che scavavano i morti, il Nicchia era lì a guardare. Si metteva da parte e guardava suo padre e gli altri becchini scavare la terra. Poi, quando suo padre si calava nella fossa per aprire la tomba, il Nicchia si avvicinava e guardava diritto giù.
Ne aveva visti di morti scavati, alcuni ancora in decomposizione, altri scheletri fatti. Quando noi gli chiedevamo qualcosa a riguardo, il Nicchia faceva sempre il vago e si metteva a guardare il cielo.
Un giorno arrivò al campetto, mi si avvicinò e disse: «Tua nonna sta bene».
Quella mattina avevano scavato mia nonna.
Io lo guardai senza dire nulla.
«Sta bene», disse il Nicchia. «L'hanno rimessa a posto».

Stè è stravaccato in poltrona da dieci minuti a guardarsi la punta delle scarpe e senza dire una parola.
«Stè?», gli dico.
«Eh», mi dice.
«Che hai?», gli dico.
«Te l'hanno mai raccontata da piccolo la storia che quando uno muore va in cielo?», mi dice.
«Eh», gli dico.
«Il Nicchia per questo guardava sempre le nuvole. Perché lui i morti li ha sempre visti sotto terra», mi dice.
«Il Nicchia... Quanto tempo è passato?», gli dico.
«Cinque anni», mi dice.
«Ah, quindi...», gli dico.
«Sì... L'hanno scavato ieri», mi dice.
«...».
«Sta bene, il Nicchia».


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