martedì 24 febbraio 2009

L’anima gemella - Dialoghi con Stè #17

Stè mi ciondola per casa con aria dubbiosa.
«Bah», mi dice.
«Che c’è?», gli dico.
«La tipa che ho conosciuto un mese fa… M’ha mollato», mi dice.
«Tu mai una novità eh?», gli dico.
«Fottiti. Secondo me era quella giusta», mi dice.
«Ah sí?», gli dico.
«Già, sai le piaceva…», mi dice.
«Non voglio saperlo», gli dico.
«Uh, ok», mi dice.
«Grazie», gli dico.
«Figurati… Ma tu, piuttosto, credi esista quella giusta per te?», mi dice.
«Certo», gli dico.
«Ah, e come deve essere?», mi dice.
«Non lo so. L’importante è che resti dov’è», gli dico.


Una sigaretta

Luigi Pescatore si tirò a sedere sul letto, poggiando le spalle al muro. Prese una sigaretta dal pacchetto che era sul comodino lí di fianco, l’accese e aspirò una boccata di fumo. Poi guardò il corpo di sua moglie Letizia disteso lí di lato deciso a dirle del licenziamento.
Fra non molto lei si sarebbe svegliata e sarebbe andata in cucina a preparare il caffè. Lui l’avrebbe sentita armeggiare fra mobili e fornelli immaginandola intenta a riempire il filtro della moka, avendo cura a non sprecare troppo caffè. Poi, una volta messa la macchinetta sul fuoco, lei sarebbe andata in bagno, chiudendo a chiave la porta. A sentire il rumore della chiave che girava nella toppa, lui in parte avrebbe sorriso alla pudicizia della moglie – dopo dieci anni di matrimonio ancora non riusciva a lasciare aperta la porta del bagno – e in parte si sarebbe rammaricato al pensiero della sua poca esuberanza in certe faccende. Distratto da alcune fantasie in proposito, si sarebbe ridestato all’odore del caffè che giungeva dalla cucina, adiacente alla camera da letto – il loro era un appartamento modesto – e cosí avrebbe scostato le coperte sedendosi poi al bordo del letto dove sarebbe rimasto per un po’ a guardarsi le punte dei piedi, muovendo le dita nelle calze di spugna. Intanto, lei l’avrebbe chiamato dal bagno – da lí, nel silenzio del primo mattino, si sentiva gorgogliare la moka – dicendogli di andare a spegnere prima che straripasse tutto sul fornello. Lui si sarebbe alzato e, infilate le ciabatte, si sarebbe trascinato in cucina passando davanti alla porta del bagno. Lí si sarebbe fermato a tamburellare con le dita sul vetro smerigliato attraverso il quale si intravedeva la figura opaca di lei seduta sul water. A quel rumore lei avrebbe sorriso per abitudine, fissando il bordo scrostato di ruggine dello scaldino.
In cucina, lui avrebbe preso due tazzine dal mobile sopra al lavandino e le avrebbe riempite di caffè. Quindi avrebbe preso lo zucchero dalla credenza versandone un cucchiaino raso in una tazzina per lei e due nell’altra per lui. In seguito, avrebbe aspettato che lei uscisse dal bagno e lo raggiungesse lasciando tempo al caffè di perdere un po’ di bollore poiché ad entrambi piaceva berlo tiepido. Lei, uscita dal bagno, sarebbe andata prima in camera da letto a recuperare il pacchetto di sigarette sul comodino e poi in cucina. Cosí entrambi avrebbero sorseggiato il caffè, in silenzio per il tempo necessario a vuotare le tazzine. In cucina non si sarebbero sentiti rumori se non il leggero risucchio di loro due che sorbivano il caffè e il lamento inesorabile del motorino del frigorifero. Lui avrebbe guardato per un po’ la striscia di calcare lungo l’acciaio del lavandino, dalla parte addossata alla parete. Lei invece un punto fisso del battiscopa sotto la finestra, ancora con le imposte chiuse. Poi, finito il caffè, lui avrebbe preso una sigaretta, l’avrebbe accesa e avrebbe cominciato a fumare ciccando nella tazzina. Lei l’avrebbe guardato con disappunto ma non avrebbe detto nulla e per non pensare alla cenere mista al rimasuglio di caffè nella tazzina – cosa che l’aveva sempre disgustata – gli avrebbe parlato del curriculum spedito un po’ di giorni prima dicendogli di aver ricevuto una risposta e di avere un colloquio a giorni. Allora lui avrebbe sorriso dicendole che tutto sarebbe andato per il meglio. Anche se poi non lo pensava sul serio e anzi sapeva che lei sulla storia del colloquio aveva mentito e già da tempo lui aveva scoperto che nessun curriculum era stato spedito per cercare lavoro. Cosí sarebbe ritornato a guardare la striscia di calcare lungo l’acciaio del lavandino e si sarebbe detto che era inutile badarci e solo il tempo avrebbe sistemato tutto e in fondo a lei non le si poteva poi chiedere molto anche perché il colpo era stato duro, perdere cosí quel bambino, il primo, dopo tutti quegli anni di matrimonio che non ne veniva nessuno. Cosí, avrebbe spento la sigaretta nella tazzina, lasciandola sfrigolare, e le avrebbe dato un bacio in fronte senza dire nulla e lei avrebbe chiuso gli occhi sia per il bacio che per la sigaretta nella tazzina. Quindi lui sarebbe andato in bagno ma senza chiudere la porta a chiave. Dal bagno, avrebbe sentito lei mettere a posto in cucina e poi l’avrebbe vista scivolare al di là del vetro smerigliato della porta. Lei sarebbe passata senza tamburellare sul vetro e, una volta in camera, si sarebbe svestita e ravviati i capelli e si sarebbe accarezzata la pancia. Lui, in bagno, avrebbe fissato la fuga crepata delle mattonelle e lo stendibiancheria nella vasca su cui c’erano gli slip di entrambi. Una volta uscito, l’avrebbe trovata in camera seduta sul bordo del letto con le braccia chiuse in grembo e lo sguardo fisso al pavimento. Lui si sarebbe avvicinato premendole delicatamente la punta del naso con un dito e lei avrebbe strizzato gli occhi e sorriso.
Poi lui si sarebbe vestito, sentendo gli occhi di lei guardarlo da sopra le spalle, e per un attimo avrebbe avuto l’istinto di dirle di smettere di guardare perché provava fastidio nel sentirsi osservato e lei ben lo sapeva, ma poi avrebbe solo sospirato e si sarebbe detto che in fondo non contava poi molto. Una volta pronti, sarebbero usciti insieme, lei per le compere e lui per il lavoro e in strada si sarebbero salutati con un bacio sulla bocca. Allora, lui avrebbe avuto l’ultima possibilità per dirle del licenziamento prima che quella giornata si mettesse fra loro e la verità.
Cosí, Luigi Pescatore prese l’ultimo tiro dalla sigaretta, la spense nel posacenere sul comodino e guardò il corpo di sua moglie addormentata lí di lato. Poi si girò su un fianco e chiuse gli occhi per ancora cinque minuti.


domenica 1 febbraio 2009

Eredità - Dialoghi con Stè #16

Io e Stè facevamo zapping da un paio d’ore, quando:
«Certo che il mondo sta andando proprio a puttane», mi dice.
«Visto che succede a fare proselitismo?», gli dico.
«Fottiti. Non vedi che va tutto allo sfascio?», mi dice.
«Aspetta a vedere le mie analisi del sangue», gli dico
«Dico sul serio, cazzo. Cosa racconteremo ai nostri figli?», mi dice.
«Stè…», gli dico.
«Ok, se per caso dovessimo avere dei figli, cosa gli diremo?».
«Non sono stato io. Chiedilo alla mamma».