giovedì 11 dicembre 2008

Il Guardia - Dialoghi con Stè #3

Il Guardia sparava come un cecchino.
Di lui si raccontava che era stato in missione in qualche paese lontano, che aveva ucciso un po’ di persone, che era stato ferito gravemente e che poi lo avevano congedato per una brutta storia. Insomma, del Guardia si diceva il necessario perché noi altri lo guardassimo con una certa riverenza.
Andava a sparare in un campo fuori paese, mirando a bottiglie vuote. Si diceva che lo facesse per scaricare la tensione, perché da quando era stato congedato non è che ci stesse poi molto con la testa. E di tanto in tanto lo si sentiva dar fuori di matto e urlare come un indemoniato qualcosa riguardo a una pensione di invalidità che era una miseria, a una lettera da scrivere al presidente della repubblica e al generale delle forze armate fino a quando la madre non chiudeva tutte le finestre e allora per pudore tutti facevamo finta di non sentire più nulla.
«Il Guardia c’ha i cazzi», dicevamo ogni volta che lo si vedeva caricare una cassa di bottiglie nel retro della macchina e partire.
Chi l’aveva visto sparare, giurava e spergiurava che il Guardia non mancava mai il bersaglio. E chi non l’aveva mai visto non aveva motivi per mettere in dubbio la voce.
Da un giorno all’altro poi del Guardia non s’è saputo più nulla: ha smesso di sparare e dar fuori di matto e s’è rintanto in casa e per anni nessuno l’ha più visto.

Ieri è passato Stè.
«Oh, indovina chi ho rivisto?», mi dice.
«La Madonna?», gli dico.
«Fottiti… Il Guardia», mi dice.
«E…?», gli dico.
«Aveva tutto il lato destro della faccia sfigurato», mi dice.
«E com’è?», gli dico.
«Dice che s’è sparato in bocca», mi dice.
«E pensare che non sbagliava mai un colpo», gli dico.


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